Da più parti mi viene chiesto di rispondere alla seguente domanda: che ne è del mio contratto (i più vari) se non posso adempiere all’obbligazione a causa delle misure assunte dal Governo per fronteggiare la pandemia?
La risposta, come sempre, non è unica ma dipende dalle singole situazioni.
In ogni caso si può precisare quanto segue:
1) l’ordinamento italiano non conosce espressamente l’istituto della “forza maggiore” a differenza di quanto accade in altri sistemi giuridici, come in Francia o nei sistemi anglossassoni;
2) nonostante quanto sopra, la circostanza viene in rilievo indirettamente negli artt. 1467 e 1256 del codice civile, laddove il primo, dedicato ai contratti con prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica, ne prevede la risoluzione allorchè una prestazione divenga eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi straordinari ed imprevedibili, sempre che l’alea, ovvero l’incertezza dell’equilibrio, non facesse parte dei presupposti del contratto; il secondo si riferisce all’impossibilità di adempiere quando per una causa non imputabile al debitore la prestazione dovuta diviene impossibile (attenzione che se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore non è responsabile solo finchè la causa perdura): anche in tal caso si ha risoluzione del contratto.
L’impossibilità sopravvenuta coincide con fatti estranei alla volontà del debitore e al suo controllo, sicchè si avrà l’effetto liberatorio se si manifestano accadimenti imprevedibili e non dominabili, come certamente sono quelli legati alla pandemia da COVID19, i cui esiti non consentono che si realizzino gite scolastiche, concorsi, convegni, spostamenti, voli aerei, pernottamenti ecc.
In tutti questi casi può essere concretamente valutata la possibilità di risolvere il rapporto e richiedere la restituzione di eventuali acconti versati, salvo specifiche discipline attinenti a settori particolari (da approfondire, ad esempio, sul trasporto aereo).