E’ stato finalmente approvato e da poco promulgato il testo di legge che modifica la normativa sulla legittima difesa.
Propagandato dai media come il riconoscimento legislativo della facoltà di “sparare a casa” in realtà introduce alcune modifiche all’impianto del codice penale che, pur di rilievo, non stravolgono affatto la norma e lasciano comunque al giudice la possibilità, doverosa, di valutare caso per caso.
Le novità più rilevanti attengono alle modifiche dell’art.52 e 55 del codice penale: in sostanza viene potenziata la possibilità di invocare la scriminante laddove si reagisca in casa o in ufficio, introducendo una presunzione di proporzionalità tra tra difesa e offesa e consentendo di invocare senza sostanziali limiti la legittima difesa nell’ipotesi di intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi.
Parimenti sarà più difficile – vista la modifica dell’art 55 – contestare a chi ha reagito di aver ecceduto nella propria azione, ponendo così in essere a sua volta un reato colposo, visto che la sua azione sarà da oggi in poi scusata se ha dovuto difendersi trovandosi in uno stato di “grave turbamento”, derivante dalla situazione di pericolo in atto.
La mente corre ovviamente a tutte le ipotesi di violazioni di domicilio in orario notturno, laddove la vittima viene colta nel sonno e potrà più facilmente invocare la citata condizione.
Lo studio è a disposizione per eventuali chiarimenti sulla portata delle nuove modifiche.
LEGITTIMA DIFESA: ora potrebbe essere più semplice
Tutela nei reati fallimentari
Si apre il processo penale a carico di tre soggetti imputati per reati fallimentari, tramite lo Studio la curatela si costituisce nel relativo giudizio come soggetto danneggiato al fine di evitare autonomi giudizi civili di responsabilità.
Furto aggravato di migliaia di occhiali destinati alla RED BULL
Si è rivolta allo Studio una persona accusata ingiustamente di furto aggravato per aver sottratto migliaia di occhiali all’azienda presso la quale aveva prestato – per anni – il proprio lavoro come dipendente, rischiando così di subire una sentenza di condanna ad una pena sino a quattro anni di reclusione; la tesi accusatoria coinvolgeva anche un ipotetico complice che avrebbe ricettato la refurtiva che sarebbe infine stata messa in vendita sul mercato milanese nell’ambito di un circuito commerciale operante nel mondo delle gare di Formula 1.
Dopo una approfondita istruttoria dibattimentale la Procura ha chiesto la condanna del presunto ladro alla pena di mesi otto di reclusione, ritenendo invece che nei confronti del complice le prove non fossero sufficienti.
All’esito del processo il Tribunale ha accolto la tesi difensiva illustrata dallo Studio ed ha pronunziato sentenza assolutoria, con formula piena nei confronti di entrambi gli imputati. Anche il presunto ladro esce così indenne dalla pesante vicenda, dimostrano la sua totale estraneità ai fatti.
Reato di stalking: ottenuta pronuncia risarcitoria
Si è rivolta allo studio AREALEGIS una donna che, dopo varie molestie subite sul posto di lavoro da parte di un collega e dopo numerosi altri atti persecutori posti in essere da costui si decide a chiedere tutela in sede giudiziaria.
Avviata l’azione penale il processo si articola attraverso varie udienze dibattimentali e giunge all’epilogo con una condanna dell’imputato sia dal carattere penale, con pena detentiva, sia civile, con accoglimento di richiesta risarcitoria.
Falso account su E-bay: assolto
Si è rivolto allo studio per essere difeso quale imputato di falso per sostituzione di persona un Toscano che aveva registrato il proprio account su E-bay con un nome inventato di donna e un indirizzo inesistente: sottoposto a processo penale per l’ipotesi di truffa e di falso, lo studio ha ottenuto la sua assoluzione evidenziando – nell’ambito del processo – alcuni elementi della vicenda che portavano a far cadere la tesi accusatoria.
Si tratta di una sentenza interessante perchè relativa a condotte spesso poste in essere da persone che accedono ai servizi forniti da social network, o comunque siti di annunci utilizzando dati non veritieri.
ASSOLTO dall’imputazione di calunnia
Rischiava dai due ai sei anni di reclusione l’ex maresciallo dei Carabinieri che lo studio ha difeso nell’ambito del processo penale definitosi il 21 dicembre 2018.
L’ex militare si è rivolto ad Arealegis per chiedere di essere assistito e difeso: all’esito del dibattimento, pur di fronte ad una richiesta della Pubblica Accusa di due anni di reclusione , l’imputato è stato assolto da tutte le accuse.
Diritto Vitivinicolo – corso di perfezionamento post lauream
Il settore della produzione e della vendita del vino, così come tutto quello agroalimentare, è in continua e rapida espansione.
Spesso i produttori si trovano di fronte a problemi giuridici legali legati all’impianto delle viti ovvero alla tutela del prodotto che commercializzano, privi di figure professionali di riferimento o supporto che possano aiutarli: la normativa che interessa l’intero settore agroalimentare è per lo più di carattere europeo, ma esistono numerose fonti normative anche di carattere nazionale come la legge 12 dicembre 2016 n. 238 (c.d. “legge sul vino”).
All’interno dello studio AREALEGIS l’avv. Antinucci ha partecipato ad un corso di perfezionamento post lauream organizzato dall’Università di Firenze sul diritto vitivinicolo, lo studio è pertanto pronto a fornire un’ampia e completa assistenza nell’ambito delle problematiche che riguardano l’intero settore.
Come arrivare allo Studio
Lo studio ha sede in Viale Fantuzzi, al nr. 6, ed è adiacente al Tribunale e alla Questura. Lo stabile che lo ospita è di proprietà della famiglia dell’avv. Antinucci, la sua costruzione risale al 1911 su progetto dell’arch. Alfarè ed è stato completamente ristrutturato nel 2016. Gli uffici sono articolati su due piani, al piano terra si trovano le due segreterie, la saletta d’attesa, e la sala di ricevimento, mentre al piano primo, collegato da una scala interna, si trovano gli studi operativi dei singoli professionisti. La struttura dispone di un posto auto a disposizione dei clienti e si giova comunque della vicinanza con il parcheggio pubblico “Caffi”, sito nell’omonima via, e con il parcheggio pubblico ubicato sul retro del Palasport, dal quale i Clienti potranno accedere tramite un percorso pedonale di cinque minuti. L’area di accesso allo studio non fa parte delle zone a traffico limitato.
L’assegno di divorzio
Molto spesso ci viene chiesto di rispondere a coniugi che intendono divorziare se a loro carico, o a loro favore, sia riconoscibile un assegno divorzile.
Su punto rispondiamo che con la recente sentenza della Suprema Corte n. 11504/2017 si è mutato radicalmente un indirizzo che ha caratterizzato i giudizi divorzili italiani degli ultimi decenni: infatti “mentre la precedente giurisprudenza poneva quale parametro di riferimento- al quale rapportare la adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente (al fine di negare o riconoscere il diritto ad un assegno periodico) – nel tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio, il nuovo indirizzo ritiene che il parametro di riferimento cui rapportare il giudizio di adeguatezza-inadeguatezza dei mezzi del richiedente l’assegno di divorzio e sulla possibilità-impossibilità per ragioni oggettive dello stesso di procurarseli – vada individuato nel raggiungimento della indipendenza economica del richiedente: se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto.[1]”
Viene così superata la giurisprudenza che faceva capo alle pronunzie degli anni “90 ancorate ad una concezione rigida e patrimonialistica del matrimonio, inteso come “sistemazione definitiva”, per valorizzare il cd. principio dell’autoresponsabiità economica[2] del singolo, sicchè il giudice divorzile, ove richiesto di disporre sull’assegno di cui al noto art. 5 della L. 898/70, dovrà svolgere una duplice indagine, la prima sull’an debeatur e la seconda, solo eventuale, sul quantum.
Nell’ambito della prima indagine, egli deve verificare alla luce del principio dell’autoresponsabilità economica di ciascuno degli ex coniugi quali persone singole, se vi sia in capo all’eventuale richiedente un’oggettiva mancanza di mezzi adeguati, o comunque impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, con esclusivo riferimento alla indipendenza o autosufficienza economica dello stesso, desunta dai principali indici del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o cespiti patrimoniali e immobiliari, delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, età, al mercato del lavoro ecc.) nonchè alla stabile disponibilità di una casa di abitazione. Premesso dunque che il parametro “tenore di vita” non viene più considerato dalla Suprema Corte come un riferimento utile[3], v’è che solo in caso di accertamento positivo sull’an (ovvero, e in sostanza, di indigenza economica) si dovrà tener conto, in ordine al quantum debatur, di tutti gli elementi indicati nell’art.5 ovvero le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune, al reddito di entrambi e quindi valutare tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio. Al contrario, ove il giudizio sull’”an”, nei termini anzidetti, sortisca esito negativo, nessun altro parametro andrà in valutazione.
[1] Così in Guida al Diritto n. 23 del 27 maggio 2017, pag 25, in commento alla sentenza 11504/17.
[2] La Corte testualmente scrive sub 2.3: “Tale principio di “autoresponsabilità” vale certamente anche per l’istituto del divorzio, in quanto il divorzio segue normalmente la separazione personale ed è frutto di scelte definitive che ineriscono alla dimensione della libertà della persona ed implicano per ciò stesso l’accettazione da parte di ciascuno degli ex coniugi – irrilevante, sul piano giuridico, se consapevole o no – delle relative conseguenze anche economiche.
Questo principio, inoltre, appartiene al contesto giuridico Europeo, essendo presente da tempo in molte legislazioni dei Paesi dell’Unione, ove è declinato talora in termini rigorosi e radicali che prevedono, come regola generale, la piena autoresponsabilità economica degli ex coniugi, salve limitate – anche nel tempo – eccezioni di ausilio economico, in presenza di specifiche e dimostrate ragioni di solidarietà”.
[3] Vedasi sul punto quanto argomentato specificamente sub 2.1 (in fine) e sub 2.3 delle “ragioni della decisione” della citata sentenza della S.C. ove testualmente si legge: “2.3 Le precedenti osservazioni critiche verso il parametro del “tenore di vita” richiedono, pertanto, l’individuazione di un parametro diverso, che sia coerente con le premesse”
Il cambiamento di rotta sembrava storico, ma va rilevato che successivamente, con sentenza 18287/18 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si è stabilito che il giudizio sul diritto ad ottenere l’assegno divorzile non si può basare esclusivamente sull’accertamento del criterio dell’autosufficienza economica, o sulla possibilità di procurarsi i mezzi. In particolare non si può prescindere dall’accertamento dell’eventuale incidenza degli indicatori concorrenti contenuti dell’art. 5 c. 6 della l. n. 898 del 1970 ed, in particolare, dal contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla conseguente formazione del patrimonio comune e personale dell’altro ex coniuge.
In buona sostanza un passo avanti e un mezzo passo indietro.
Lo studio è a disposizione per rendere eventuali chiarimenti e pareri sul punto a chi ne fosse interessato.
Modifiche al processo penale DL 103/2017
Con la legge 103/17 il legislatore ha apportato nel nostro sistema giudiziario varie modifiche al codice penale e a quello di procedura penale, modifiche che incidono sensibilmente nei diritti degli imputati e delle persone offese da ipotesi di reato.
I punti principali di interesse del cittadino sono i seguenti:
a) viene sostanzialmente elevato il termine di prescrizione dei reati introducendo delle nuove cause di sospensione del decorso della prescrizione: in sostanza sarà più difficile che i reati vadano incontro a prescrizione;
b) nei reati procedibili a querela viene introdotta una causa di estinzione del reato per condotta riparatoria del responsabile: in sostanza, se l’imputato si offre di risarcire il danneggiato anche con somme ritenute da costui non idonee a riparare il danno, il Giudice può comunque dichiarare estinto il reato e fermare il processo;
c) viene reintrodotta la possibilità di “patteggiare” la pena nel processo di appello;
d) viene incentivata l’emissione del decreto penale di condanna riducendo a 75 euro al giorno il criterio di conversione delle pene detentive in pecuniarie;
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c) vengono aumentate le pene per il reato di furto in abitazione e di rapina;
d) viene introdotto il diritto della persona offesa che ha sporto querela di sapere, dopo sei mesi, lo stato del procedimento;
e) vengono introdotti meccanismi che dovrebbero rendere più certi i tempi delle indagini;
f) vengono messe delle regole importanti che si propongono di limitare le impugnazioni infondate, non circostanziate e specifiche;
g) viene eliminata la possibilità di ricorrere in Cassazione personalmente, ovvero senza la sottoscrizione di un difensore abilitato.
Sussistono poi numerose altre modifiche processuali tecniche su cui non è possibile soffermarsi in questa sede.
Lo studio è a disposizione per approfondimenti specifici nell’ipotesi di interesse del Cliente.